Arricchito da un folto panel di illustri relatori e grazie alla partecipazione di un nutrito ed attento pubblico, in gran parte di operatori, il dibattito ha dimostrato quanto sia sentito questo tema che, da un lato, tocca la vita quotidiana nel suo aspetto più delicato e, dall'altro, chiama in causa la responsabilità diretta delle istituzioni regionali e locali.
Alla sera l'attenzione si è spostata sulla cooperazione allo sviluppo e le attività di commercio equo e solidale. E' stato presentato dal promotore Bruno Cordazzo il "Progetto Senegal", un progetto di cooperazione internazionale promosso da Coop Liguria. Grazie ad esso è stata costruita a Dakar una fabbrica per la trasformazione del pescato, che rispetta i rigidi standard igienico-sanitari previsti dalle normative europee, ma al tempo stesso tutela i diritti dei lavoratori e l'ambiente. Inaugurata a febbraio, rifornirà ben presto tutte le cooperative del Consorzio Coop Italia. L'iniziativa è considerata di fondamentale importanza dallo stesso Governo Senegalese che l'ha inserito nei progetti governativi per la riduzione della povertà.
E' stato poi il Presidente Burlando ad illustrare l'azione della Liguria a favore dello sviluppo del commercio equo e solidale, attività presente nella regione da ormai 18 anni e che coinvolge oltre 1000 volontari e alcuni operatori stipendiati, attivi sia nelle tante botteghe sparse in tutto il territorio ligure, sia con un'incessante attività di informazione e sensibilizzazione. La Liguria, con legge 13 agosto 2007 n.32, ha disciplinato il settore dell'equo e solidale, al duplice scopo, da un lato, di garantire il consumatore contro prodotti che si rivelino non rispettosi degli standard internazionali dell'equo e solidale e, dall'altro, di sostenere mediante finanziamenti specifici le attività che si propongono di sviluppare questo commercio. Favorire la diffusione di prodotti che rispettano le popolazioni dei paesi di origine non solo può essere una buona azione, a volte può rappresentare anche un risparmio per il consumatore. Questo avviene nel caso del progetto di Slow Food sul caffè di Huehuetenango. Acquistato direttamente dai produttori locali del Guatemala, ad un prezzo da 2 a 4 volte superiore quello corrisposto dalle multinazionali, viene affidato per la tostatura ad una cooperativa di carcerati di Torino. Spesso, una volta usciti dal carcere, gli ex detenuti continuano a lavorare nella cooperative, evitando di ricadere nella delinquenza. Considerato che il prezzo finale sui banchi italiani è inferiore a quello della concorrenza, l'acquisto del caffè di Huehuetenango risulta più economico e doppiamente solidale - verso i produttori nei paesi in via di sviluppo e verso gli ex detenuti in Italia.
Per questo motivo Regione Liguria, ossia il pubblico, investe non tanto su un'attività economica, quanto sui valori che essa porta avanti. Un fil rouge – come lo ha definito Cordazzo – lega equità e solidarietà e pone al centro un'economia di mercato che non ha come scopo ultimo e unico la privatizzazione dei profitti. Questo è un valore su cui investire politicamente, tagliando ingiustificate rendite di posizione intermedie per favorire gli anelli deboli della catena – il produttore e il consumatore - mentre c'è chi, come l'attuale governo, mostra sempre più una preoccupante tendenza a privatizzare i profitti e socializzare le perdite.
Ancor più forte è il legame fra le attività di commercio equo e solidale e il tema dell'immigrazione, al centro del dibattito dell'8 settembre introdotto e moderato da Rossella Ridella, che, come me, è membro dell'esecutivo provinciale del PD.
Come ha spiegato Francesco Munari il nostro primo compito è innanzitutto capire che cosa ci aspettiamo dagli immigrati e che cosa diamo loro in cambio, rinunciando ad ogni atteggiamento di tolleranza e sopportazione del "diverso", atteggiamento che invece – come sottolineato da Milò Bertolotto – vediamo crescere ogni giorno di più, fomentato dalle spinte alla marginalizzazione. In Italia regredisce costantemente la cultura dei diritti, e quindi quella dell'integrazione. Porre al centro del dibattito la questione del voto agli immigrati è importante per i valori che questa scelta rappresenterebbe nei confronti di quanti ogni giorno lavorano duramente per consentire a questo paese di non decrescere, sorreggendo una popolazione anziana che, da sola, avrebbe già condotto l'Italia nella più buia delle recessioni. Come ha sostenuto Nando Dalla Chiesa: "Sulla questione voto agli immigrati il Comune di Genova deve essere in prima linea, la teoria della democrazia è alla base di tutto ed è singolare che in Italia chi non paga le tasse possa votare, mentre a chi le paga sia vietato."
Si possono prendere impronte e minacciare espulsioni, ma fino a quando non si cancelleranno le cause dell'immigrazione essa non cesserà. Di questa realtà gli italiani dovrebbero essere intimamente consapevoli, se solo non avessero dimenticato che, fino al boom economico degli anni '50 e '60, il nostro paese fu spettatore di un tragico esodo della disperazione. Per questo le iniziative dell'equo e solidale, il progetto Senegal o quello di slow food, sono la vera risposta al problema: creare sviluppo per rendere l'emigrazione dal proprio paese una scelta libera e consapevole e non l'unica chanche di riscatto sociale, l'ultimo e triste barcone della lotta per la sopravvivenza.
1 commento:
Ciao ,
sono Caterina , italiana , genovese per l'esattezza, ma vivo a New York dove io e mio marito ci siamo trasferiti lo scorso anno. Siamo" immigrati di lusso"visto che ci siamo trasferiti per lavoro e non per soppravvivenza, ma comunque immigrati. Lasciare il proprio paese per migliorare la propria condizione sociale e' gia' molto difficile, ma ovviamente non paragonabile a lasciare il proprio paese per riuscire a sopravvivere.
Come hai scritto anche tu, Raffaele, gli Italiani dovrebbero ricordarsi cosa si prova.Qui ci sono vecchie (e nuove) testimonianze del nostro esodo.
Sono ottimista pero' , vivendo qui , in una citta' cosi' multiraziale, ci si rende conto che "conoscere" fa la differenza. Tutti i pregiudizi e le paure si eliminano con la conoscenza e prima o poi anche noi ci arriveremo. Il "diverso" sara' interessante e affascinante , non fara' piu' paura!
ciao
Complimenti per il blog!
caterina
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